di Cristiano Mario Sabbatini / intervista GIU2015 –
Nicoletta Di Giovanni, non tutti i dipendenti pubblici sono degli statalisti ad oltranza
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza, ma avendo una forte passione per la pedagogia e la didattica ha intrapreso la professione di insegnante nel recinto obbligato dell’istruzione pubblica: una condizione sempre vissuta con spirito ribelle a dire che sono proprio i dipendenti pubblici che per mano del loro sostituto d’imposta non pagano le tasse!
Da poco più che adolescente impegnata nelle associazioni di ispirazione cattolico-liberale, ha alternato negli anni questo impegno ad esperienze di politica amministrativa nel suo comune di residenza, Rieti, fino alle ultime regionali, riportando con stupore, per economia di mezzi a disposizione, buoni risultati.
Le tasse, la giustizia giusta e la libertà educativa, sono i suoi temi più cari, in spregio all’imperante politically correct. Da tempo è impegnata con soddisfazione a far conoscere il progetto politico del movimento Rete Liberale. E’ una fan del Tea Party Italia ; a favore di UBER e degli OGM, come pure una ‘Sentinella in piedi’.
Coniugata con due figli, nel tempo libero gli piace scrivere semplici riflessioni sul fallimento delle politiche economiche neo-keynesiane e sull’arretramento di ogni riflessione attorno al tema del rapporto Stato-individuo. Qualche volta dice di esercitare con piacere il voto d’azzardo perché le elezioni sono uno stupefacente gioco di società!
Nicoletta spiegaci meglio questa definizione delle elezioni come ‘stupefacente gioco di società’, davvero temi che un giorno non ci potranno più essere?
Più che altro temo che fin qui siano state inutili, perché i governi si sono alternati in tutta continuità nell’aumento della Spesa pubblica. La mia ironica definizione sta a significare da un lato, la legittimità di chi decidesse di non votare, non apprezzando inviti al voto esaltati a ” reati etici”; dall’altro, la considerazione di altrettanti che si recano alle urne consapevoli della rarefazione della loro incisività sulla politica governativa, ma che alla fine partecipano al bingo collettivo per non lasciar niente d’ intentato: il sempreverde criterio residuale. Un rito, che come tutti i riti ha la sua funzione. Appare chiaro, come il non voto e il voto “d’azzardo” mettano in evidenza la mancanza di idonea offerta politica e qui non blateriamo di un partitino su misura per ognuno, ma di un astensionismo che si aggira al 50% degli aventi diritto, totalmente disillusi e per niente moderati. Una parte di quel 50% è la prateria da conquistare e la responsabilità della mancata conquista risiede nell’offerta politica nulla, pur in presenza di chiara domanda. Non si possono sempre offrire “contenitori” che gli astenuti non domandano. La Politica non si fa ripartire per decreto.
Parlaci ora del tuo impegno civile principale con Rete Liberale. Quali gli scopi e gli obiettivi più immediati, da qui alle prossime comunali di Roma e/o alle prossime politiche.
Per esemplificare nello spazio di una risposta, sui temi fiscali siamo vicini al Tea Party Italia e da sempre favorevoli ad una profonda riforma della Giustizia – al fianco del Tribunale Dreyfus- , che è questione centrale per il rinnovamento del Paese. Infatti, certa magistratura ha contribuito alla fine della Prima Repubblica e bloccato la Seconda, continuando ad esercitare di fatto una funzione di controllo e di sostituzione del potere politico. Recentemente ci siamo molto spesi per sostenere la modifica radicale dell’impianto costituzionale (presidenzialismo); contro una tassazione insostenibile attraverso un ciclo di convegni sul tema “Liberale l’economia” e per l’abolizione del Solve et repete, battaglia civile portata avanti dal movimento SOS Partita IVA. Da ultimo, sempre in prima linea per la libertà di pensiero con le Sentinelle in Piedi, per una scuola libera con lo strumento del Buono scuola e per lo stop all’ideologia gender nell’istruzione (pubblica). Per quanto riguarda gli eventuali impegni elettorali staremo sempre al fianco di chi butti nei rifiuti le trasversali ricette stataliste e ,siccome, siamo una RETE, per quel che vale, cerchiamo di seguire le nuove energie che si stanno sprigionando dell’area “liberal/conservatrice” per costruire un’alternativa allo status quo su una direzione chiara e non alimentare anacronistiche meiosi.
Quale pensi sia il ruolo che i liberali della società civile debbano svolgere in questo momento di delicata fase politica nell’area di centro-destra?
Qualsiasi futuro ruolo deve necessariamente partire da un mea culpa conseguente alla vistosa differenza tra il progetto iniziale e l’esecuzione pratica che ha impedito al PDL fusionista, non solo di rispettare i programmi e le promesse, ma anche di garantire uno sviluppo di visione complessiva per il Paese. Lo dimostra il fatto che ancora oggi resistono, in cerca di un passato che sanno essere molto difficile duplicare, politici e politicanti sostenitori di dazi, frutto di un male inteso nazionalismo che in realtà è una subspecie di autarchia con la scusa del made in Italy. Una destra liberale che volesse proporsi come alternativa alla neo-sinistra sta con UBER! Stesso dicasi per il progetto della moneta unica europea, progetto tutto politico-costruttivista con deboli fondamenta economiche, che pur tuttavia, chi si riconosce nel libero mercato, fino a oggi, s’è trovato nella condizione paradossale di non poter criticare come avrebbe voluto, per la superiore contrapposizione alle tesi dei keynesiani e dei sostenitori della MMT. Già, perché non siamo troppo fiduciosi di questa politica italiana, che userebbe la sovranità monetaria come leva inflazionistica ad emettere moneta per pagare le spese correnti dello Stato, anziché risanare il bilancio e tagliare gli sprechi del settore pubblico.
La UE, come appare chiaro, è strutturata sempre più come un super-stato ad economia pianificata e altamente burocratizzata. Questo è il vero problema che sovrasta il dibattito sulla moneta-euro e relativa sovranità. Quella che vogliamo preservare è l’Europa del libero scambio e non delle regolamentazioni asfissianti che sempre più spesso assumono connotati protezionistici: ci sarebbe anche da riconsiderare una diversa e nuova direzione anche in ordine ai gruppi politici europei di riferimento. Ciò detto, penso che il ruolo da svolgere dai liberali nel centro-destra sia di chiarezza sul piano della politica economica e di determinazione sul piano “valoriale” come ben dice D. Antiseri, nel “proporre e argomentare senza dogmatismi una robusta etica conservatrice”.
Cosa pensi di questi tentativi di ritagliare per la realtà italiana forme-partito d’oltre-oceano. È secondo te fattibile la cosa?
Dunque, la maggioranza degli italiani delusi, di cui tutti dicono, è pur sempre una maggioranza che non vuole abbeverarsi a sinistra. Lo sapeva Gramsci, lo sapeva Togliatti, lo sapeva Berlinguer che si giocò tutto sul compromesso storico, come pure Berlusconi col Nazareno in calcio d’angolo. La partita è aperta: Renzi ha sfondato il suo massimo storico e va a scendere consegnandoci l’Italicum col suo premio di lista; l’antipolitica si è rivelata peggiore della politica, ma pur sempre in grado di andare al ballottaggio; se chi avesse potenzialità e forza di tornare alla rivoluzione liberale vera, facesse il pieno di liberali (anche giovani e preparati, cresciuti all’ombra della tentata rivoluzione) di cui l’Italia non difetta, potrebbe rimettere in pista un partito con vocazioni maggioritarie e mostrare che il partito dei “moderati” è un partito che chiede in realtà gesti radicali. In caso contrario avremo un partito dal ventre molle, destinato ai parassiti e divorato dai vermi. Si trovi il sistema, primarie non escluse, per partorire un premier su questioni condivise tra le cosiddette varie anime e la si smetta di guardare dall’alto in basso Matteo Salvini, criticabile per il suo stravagante statalismo, frutto, d’altronde, del gran demerito di quel partito troppo a lungo “innazarenito” e smemorato del suo ’94. Che poi, in tutto questo, si guardi a un futuro e atteso (come non mai) nuovo presidente Usa repubblicano e a Davide Cameron e si accantoni il lepenismoputiano in love, è solo un gran bene! Purtroppo il tempo della rifondazione fusionista del centro-destra va a rilento insieme alla sua disgregazione, che invece avrebbe dovuto precederla.
Un’ultima domanda, come vivi, sul tuo luogo di lavoro e fuori, la tua condizione di dipendente pubblico favorevole al libero mercato e alla libertà e alla concorrenza delle varie proposte formative possibili
Si vive come un pennuto che sa di essere libero di saltellare in gabbia. La premessa per un cambiamento è che la Pubblica istruzione, come la Difesa che si vorrebbe oggi smantellare, sono forse le due amministrazioni più disastrate dello Stato italiano, perché in esse si sommano e si rafforzano a vicenda due aspetti massimamente negativi: l’inefficienza e la più vistosa perdita di senso e orizzonte cui tendere. La Scuola, quindi, non efficit! Tutto si basa sul carattere monoculturale della classe dirigente che è via via subentrata nella gestione della P.I.: l’uniformità dei modelli culturali che hanno presieduto alla conduzione pressoché routinaria della scuola italiana non poteva che tradursi in una sclerosi progressiva e ossessiva. L’universo mondo della pedagogia politica e della politica pedagogica è ormai un universo monoteistico fatto di facce interscambiabili dei ministri, dei cattedratici, dei sindacalisti, compresa Confindustria. Ecco, tutto questo s’inquadra anche nella realtà dei tanti lavoratori dello Stato, che, come me, non accettano, per esempio, un sistema fiscale tirannico che capovolge l’onere della prova, intralcia la difesa, schiaccia la vita dei contribuenti come un rullo compressore con l’indegna regola del solve et repete, per la quale deve prima pagare, comunque, anche chi non può, anche chi non deve nulla. Anche tantissimi dipendenti pubblici lo denunciano come un atto di inciviltà, perché per respingere una vessazione non bisogna essere per forza una partita IVA, dovrebbe bastare il buon senso! Per questo io sono con le partite IVA per abolire il “solve et repete”. Lo stato di diritto conviene a tutti, anche ai lavoratori dello Stato; come agli insegnanti, in particolare, conviene una SCUOLA LIBERA! Unica Riforma e/o sciopero che valga la pena di sostenere. La proposta è del Nobel Milton Friedman, datata e nuova allo stesso tempo: Il Buono Scuola! In sostanza, la competizione tra pubblico e privato, la fine di sprechi e caste, fuori dal monopolio statale. Sarebbe la vera Riforma per superare una scuola, che nega ogni differenza verticale ed esalta l’uniformità ed il conformismo orizzontale. L’unico strumento sostenibile, alle condizioni date, per ostacolare la Scuola come via occidentale all’egualitarismo: quel potere che in Oriente è stato conquistato rapidamente con la violenza, in Occidente prosegue nei tempi lunghi di un’erosione delle libertà individuali fondata sulle lamentazioni e sul ricatto.
Fonte/ published 8GIU2015 qelsi.it